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Paradossi iconici di Gianni Pitta

Dario Damatodi Dario Damato
L’operazione di totale sdoganamento delle Arti Visive del Novecento da quelle del secolo precedente, quindi da ogni precedente lusinga e richiamo estetico/formale, derivante dallo spegnimento e scioglimento dagli ultimi dettami, romantico/espressionistici, classico/realistici e impressionistici del tardo Ottocento, vide impegnati in questa operazione di liberazione e rinnovamento, una nutritissima schiera di intellettuali e di artisti attivi durante l’arco di tutto il Novecento. Un arco grande di operatori che va dalla Musica alla Letteratura, alla Politica, alle Arti Visive e oltre queste, alla Moda, all’Arredamento, all’Urbanistica, coinvolgendo in questo rinnovamento, usi e costumi di una intera epoca, disegnando a tinte forti la mappa di una cultura e di un tempo mai più ripetibili.

Possiamo affermare che artisti come Jasper Johns, Picasso, Magritte e Duchamp prima, Close, Hanson, De Andrea, Rauschemberg, Jim Dine, Perilli, Schifano poi, con l’aggiunta di graffitisti del calibro di Michel Basquiat, segnarono tutti insieme, (con le dilatazioni  iconiche da loro dipinte e rappresentate sino ai limiti estremi della oggettivazione iconografica, terza e quarta dimensione) il confine e lo spartiacque del fare Arte, tra Ottocento e Novecento.

Gianni Pitta si muove partendo da questo tipo di indagine dilatandone ancora e ulteriormente il campo di ricerca scelto dei suoi predecessori, estremizzando la ricerca sia sul piano estetico/percettivo che sul piano iconico e pittorico/rappresentativo. Il tracciato  segnato e  percorso dagli artisti che lo hanno preceduto, diventa pertanto, per il nostro operatore, solo un punto di partenza , non certo un arrivo, quindi il pretesto del suo cammino artistico, cammino facilmente riconoscibile perché storicamente accertato.

Il nostro Artista infatti, spostando e dilatando ulteriormente e volutamente la sua operazione formale/rappresentativa, rispetto a quella dei suoi predecessori, costruisce ad uso proprio, una operazione di rinnovamento nel fare pittura, ristrutturandola, rimodellandola e attualizzandola, per poi ricollocarla, ancora una volta, nelle trincee scavate dall’Arte contemporanea. Scelte certamente non semplici né facili quelle di Pitta perché fortemente dilatate ed estremizzate, ma ancora riservate al fare pittura, al fare scultura anche se inserite e volutamente sistemate ai bordi estremi del produrre Arte.

Operando in tal modo Pitta attualizza una scelta di campo coerente con i temi selezionati per la sua ricerca, egli è infatti convinto, per fiuto artistico e per antico sapere, che tale scelta possa essere messa in maggiore evidenza e ancora meglio capita, se introdotta in quella zona del sistema dell’Arte operativo nella dimensione primaria dell’Arte stessa, cioè in un tessuto strettamente pittorico. Seguendo questa scelta artistica, la pittura del nostro operatore diventa necessariamente intransitiva, autoreferenziale e autoriflessiva, perché l’impianto pittorico da lui costruito, risulta essere  la naturale continuazione se pur estremizzata, della produzione culturale degli ultimi anni del Novecento nazionale ed internazionale; cosa che risulta particolarmente evidente, dopo una valutazione approfondita dei risultati iconici ottenuti dall’Artista con i procedimenti grafico/cromatici, messi in atto nella esecuzione oggettiva delle sue opere.

Da ciò che sin qui si è analizzato, risulta altresì evidente che l’opera di Gianni Pitta è il frutto di una attenta analisi dei valori pittorici  attivi nell’area del post/moderno e nella zona post/estetica, analisi critica fatta e condotta dal Pitta con un sapiente procedimento di destrutturazione e ricostruzione dei codici linguistici che avevano preceduto la realizzazione del condotto pittorico che userà opera per opera. Operazione critica questa resasi necessaria  per aggiornare, riattualizzare e ritualizzare le unità linguistiche usate dagli artisti che lo avevano preceduto. Risulta determinante oggi, per leggere il percorso seguito dal nostro artista, e per capire bene l’importanza storica dell’analisi pittorica da lui adottata nel fare arte, mettere sotto faro critico i suoi lavori più recenti,  valutando con attenzione oltre che i modelli artistici da lui adottati, cosa che sin qui si è fatto, anche e soprattutto la costruzione e l’impianto  generale dell’opera da lui progettata concettualmente prima e poi dipinta in oggetto.

Pitta nella esecuzione delle sue ultime opere è stato capace di costruirle, coniugando in un solo impianto artistico, in un unico  percorso e teorema pittorico, i capitoli della grande astrazione, con le lezioni del grande super/realismo/altro, quindi capace di  tracciare ancora una nuova via di ricerca, dando impulso e speranza alle generazioni artistiche più giovani, dimostrando di fatto,  che la ricerca può continuare e che la via da lui percorsa può essere ancora l’inizio di un nuovo tracciato artistico e ciò non è poca cosa.

 

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